Alla fine la luce fievole e dorata
delle candele illuminava la stanza abbastanza da vederci, e guardare il papà
che accompagnava con delicatezza e rispetto sua figlia, e il totale agio e
concentrazione della piccolina ha colpito molti.
In una delle prediche più belle che io abbia
sentito nella notte di Natale il sacerdote invitava i fedeli a imparare dal
miracolo del Natale. “Dio si è
incarnato in forma umana, lo Spirito è entrato in un bebè, nato da donna. Anche
noi possiamo riempire la nostra vita di Dio”, far entrare lo Spirito nel corpo direi io. Il solstizio
d’inverno era anche noto come “porta degli dei” perché in questa stagione che
nei climi temperati è fredda e oscura c’è più tempo da dedicare allo spirito,
più vicinanza. Nella nostra cultura lo spirito si è perso, non è compreso, non
se ne parla – e infatti se ne vedono i risultati nel mondo intorno a noi. E
dire che sarebbe la nostra più vera essenza. Lo Spirito non sta a poltrire su
qualche altare, non è nei cieli. È dentro di noi che abita, e frequentarlo è
una buona idea
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