Dopo tutte le istruzioni pratiche, e
una piccola preparazione sulle tematiche del solstizio, abbiamo spento le luci
e Chiara ha acceso la prima candela, nel buio. Il solstizio d’inverno è il
momento più buio dell’anno, il giorno più breve e la notte più lunga, ma è
anche il momento dopo il quale la luce comincia a crescere, e le giornate si
allungano, ogni giorno, fino al solstizio d’estate, il 21 giugno.
In questo periodo siamo fin troppo consapevoli dell’oscurità che ci
circonda su altri piani: viviamo in tempi bui dove la speranza si affievolisce.
Ho invitato le persone a entrare nella spirale come se ripercorressero l’anno
che stava finendo, e accesa la candelina fare il percorso verso l’esterno
invitando cose belle nell’anno nuovo. Quando è stato il mio turno la spirale
verso il centro mi è sembrata lunghissima… e avrei potuto ballare nel percorso
verso l’esterno, con la luce che portavo con me dopo aver acceso la candelina
al centro.
Piano piano, uno alla volta ognuno si alzava,
percorreva la spirale, lasciava la sua luce e tornava a sedersi. Tutto senza
parole, nel silenzio.
Finchè nel silenzio ha cominciato ad echeggiare
un suono così appropriato al silenzio che ne è diventato parte, amplificando lo
spazio interno, la quiete, il riposo e l’allineamento: le campane tibetane.
Chiara organizza corsi, e ne ha un certo numero con cui fa anche trattamenti, e
siamo stati accarezzati e accompagnati dalle armoniche frequenze fino alla
fine. Un’esperienza perfetta.
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